La scultura extradimensionista non è tangibile, attraverso le mie opere amplio il concetto di dimensione
rivelando un extradimensione, alla quale conferisco una valenza superiore.
Intenzionalmente provoco una frattura spesso insanabile con la scultura tridimensionale fine a se stessa,
trasfigurandola tramite degli elementi esterni, che risultano così essere determinanti.Così il titolo dell’opera, o
uno specchio che riflette e sintetizza un’altra dimensione, diventando chiave di lettura indispensabile per il
raggiungimento della completezza. Oggetto, specchio e titolo o ,semplicemente, oggetto e titolo danno vita
ad una istallazione extradimensionista.
Se fosse possibile scolpire un arcobaleno, gioioso e superficiale, di certo farei riflettere un temporale con
pioggia, vento e fulmini. Rappresentando un carcerato, renderei visibile la situazione di prigionia ma allo
specchio potrei mostrare quello che sarebbe stata la sua vita se avesse avuto delle esperienza normali e,
perfino, banali.
Extradimensionismo è la rappresentazione del movimento nel tempo: presente, passato e futuro che si
susseguono o che si sormontano senza un ordine logico precostituito, essenza espulsa di un corpo e della
sua mente: ironia, sarcasmo, eufemismo ecc. possono diventare elementi di trasformazione
extradimensionista.
Extradimensionismo è l’invisibile, anzi, l’intangibile che si riesce a rappresentare, può essere uno stato
d’animo, può essere un tipo di sessualità, un pensiero religioso o un' idea politica.
Esiste in natura una gemma di nome alessandrite, forse la più rara e la più preziosa, la cui caratteristica è
quella di essere cangiante. Se è il sole ad illuminarla è verde, se, invece, sono una luce artificiale o una
candela a illuminarla diventa rossa. Dunque, può avere sembianze di rubino o di smeraldo. Non sempre si ha
una cangianza del 100%, la percentuale varia, più è alta, più è nei canoni ideali. Più l’extradimensionismo si
stacca dal soggetto apparente, più è rappresentativo. Le mie opere hanno ragione di essere
nell’extradimensionismo che rappresentano.
Scolpire la roccia è per me è un’esigenza mistica. La sensazione tattile che mi dà il materiale, durante e alla
fine del lavoro è sessuale. E’ un rapporto fatto di continui tocchi, un rapporto carnale forte, viscerale,pieno di
profumi e di suoni, che trasforma il materiale in un qualcosa che pulsa in qualcosa che respira. Scolpire per
me non è impastare o modellare, non mi dà stimolo. Amo i materiali che offrono resistenza. La pietra è dura,
non deve snaturarsi sotto gli effetti di morbidezza delle carni, non bisogna forzarla:si finirebbe per
indebolirla. La roccia contiene la forma ed il mio compito è di liberarla e, anche se forte ed imprevedibile,
devo rispettarla, amarla, scoparla, e allo stesso tempo, aspettarmi che mi tradisca, che mi faccia sentire una
nullità, che mi faccia sentire solamente agente erosivo che va a consumare il minerale, come pioggia
d’angoscia, come vento di tormento, come fiume di passione. Agente erosivo che libera l’essenza magica e
primitiva contenuto nell’amorfo inorganico, riassaporandone il gusto del mio sangue del mio sperma e delle
mie lacrime.
Amo scolpire il materiale bastardo che rinvengo nei monti e nei torrenti del mio territorio, perché non mi dà
certezze. Lavorando un marmo di questo tipo mi capita di imbattermi in un crepo, in una sfaldatura o, magari
in una cavità. Scalpello, levigo e alla fine, lucido. Provo un piacere sublime arrivare alla fine, vi trovo grande
similitudine con la mia vita, fatta di cose belle, brutte e difficili. Sono sicuro che quando capirò di essere
arrivato alla mia finitura proverò lo stesso piacere.
di Paolo Aldighieri
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